Olanzapina negli anziani: sicurezza ed efficacia nella pratica clinica
Quando un anziano sviluppa sintomi di psicosi o agitazione legati alla demenza, i medici si trovano di fronte a una scelta difficile: trattare i sintomi o rischiare effetti più gravi? L’olanzapina è uno dei farmaci più usati in questi casi, ma non è senza pericoli. Negli ultimi anni, le linee guida internazionali hanno cambiato radicalmente il modo in cui si prescrive questo farmaco negli over 65. Ecco cosa davvero serve sapere.
Cosa è l’olanzapina e perché si usa negli anziani
L’olanzapina è un antipsicotico atipico, approvato negli Stati Uniti nel 1996 e in Europa poco dopo. Funziona bloccando i recettori della dopamina e della serotonina nel cervello, riducendo allucinazioni, deliri e comportamenti aggressivi. Nei pazienti con schizofrenia o disturbo bipolare, è efficace e ben tollerato. Ma negli anziani con demenza, la situazione è diversa.
Nel 2005, la FDA ha emesso un avviso nero per tutti gli antipsicotici atipici, inclusa l’olanzapina, dopo uno studio che ha mostrato un rischio raddoppiato di morte negli anziani con demenza trattati con questi farmaci. Da allora, l’uso di olanzapina in questa popolazione è diventato un’eccezione, non la regola.
Efficacia: funziona davvero?
Studi clinici controllati, come quelli pubblicati su The New England Journal of Medicine e The Lancet, dimostrano che l’olanzapina è più efficace del placebo nel ridurre l’aggressività e l’agitazione nei pazienti con demenza di tipo alzheimer o vascolare. In media, i sintomi migliorano del 30-40% dopo 6-8 settimane di trattamento a dosi basse (2,5-5 mg al giorno).
Tuttavia, l’efficacia non è universale. Solo il 50-60% dei pazienti risponde in modo significativo. Gli altri non migliorano, o peggiorano. E i benefici spesso svaniscono dopo 3-4 mesi, mentre i rischi rimangono costanti. Per questo, le linee guida dell’Istituto Nazionale per la Salute e l’Eccellenza Clinica (NICE) del Regno Unito raccomandano di usare l’olanzapina solo se i comportamenti disturbanti mettono a rischio la sicurezza del paziente o degli altri, e solo dopo che farmaci non farmacologici hanno fallito.
I rischi più gravi: cosa può succedere
Il rischio più serio legato all’olanzapina negli anziani è la morte improvvisa. Un’analisi del 2019 su oltre 120.000 pazienti over 65 ha trovato un aumento del 34% del rischio di morte entro 180 giorni dall’inizio del trattamento. La causa più comune? Infarti, ictus e infezioni respiratorie.
Altri effetti collaterali frequenti includono:
- Debolezza muscolare e instabilità posturale (aumenta il rischio di cadute)
- Sonnolenza e confusione mentale
- Secchezza della bocca e stitichezza
- Incremento del peso corporeo (in media 2-4 kg in 3 mesi)
- Disturbi del ritmo cardiaco, come il prolungamento dell’intervallo QT
- Sindrome neurolettica maligna, rara ma potenzialmente letale
Le cadute sono particolarmente pericolose. Ogni anno, il 30% degli anziani over 70 cade almeno una volta. Con l’olanzapina, questo rischio sale al 50%. Una frattura del femore in un anziano ha una mortalità del 20-30% entro un anno.
Quando si usa davvero, e come
L’olanzapina non va mai usata come prima scelta. Deve essere un’ultima risorsa. Prima di prescriverla, il medico deve:
- Valutare e correggere cause fisiche di agitazione: infezioni urinarie, dolore non trattato, ipossia, ipoglicemia, disturbi elettrolitici
- Provare interventi non farmacologici: routine quotidiane stabili, riduzione del rumore, terapia occupazionale, coinvolgimento familiare
- Provare farmaci alternativi con minor rischio, come la melatonina per i disturbi del sonno o la memantina per l’agitazione legata alla demenza
Se dopo 4-6 settimane di questi interventi i sintomi persistono, si può considerare l’olanzapina. La dose iniziale deve essere bassa: 1,25-2,5 mg al giorno, da aumentare solo se necessario e solo di 1,25 mg ogni 3-5 giorni. La dose massima raccomandata è di 5 mg al giorno. Mai superare i 10 mg.
Il trattamento deve essere breve: massimo 12 settimane. Dopo questo periodo, si prova a ridurre la dose gradualmente, anche se i sintomi sembrano migliorati. La sospensione brusca può causare sintomi di astinenza o peggioramento improvviso.
Monitoraggio obbligatorio
Chi assume olanzapina negli anziani deve essere controllato con attenzione. Ogni 2 settimane, il medico deve verificare:
- Pressione arteriosa (rischio di ipotensione ortostatica)
- Cardiogramma (per controllare l’intervallo QT)
- Peso e circonferenza vita (rischio di diabete e sindrome metabolica)
- Stato di idratazione e funzione renale
- Segni di rigidità muscolare, febbre o confusione (sindrome neurolettica maligna)
Se la pressione scende sotto i 90/60 mmHg, o se il QT si allunga oltre 500 ms, il farmaco va sospeso immediatamente. I livelli di glucosio e colesterolo devono essere controllati ogni 3 mesi.
Alternative più sicure
Esistono opzioni meno rischiose. La melatonina (3-10 mg la sera) migliora il sonno e riduce l’agitazione notturna. La memantina (5-10 mg al giorno) ha un effetto modesto ma sicuro sull’aggressività. La citalopram, un SSRI, può aiutare in caso di depressione associata. La terapia comportamentale, con operatori formati, riduce i comportamenti problematici del 40-60% senza farmaci.
Un grande studio del 2023 ha confrontato olanzapina, memantina e terapia comportamentale in 800 pazienti con demenza moderata. I risultati? La terapia comportamentale ha dato i migliori risultati a lungo termine, con meno ricoveri e minori costi sanitari. L’olanzapina ha funzionato meglio a breve termine, ma con il doppio degli effetti collaterali.
Cosa dicono le linee guida internazionali
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’American Psychiatric Association (APA) e l’NICE concordano su un punto: l’olanzapina non è un trattamento per la demenza. È un trattamento per i sintomi gravi, quando tutto il resto ha fallito.
L’APA raccomanda di non prescriverla mai per la sola agitazione, se non c’è rischio di danno. L’NICE dice che deve essere usata solo per meno di 12 settimane, con revisione settimanale. In Canada e Australia, l’uso in demenza è vietato per legge, tranne in casi eccezionali con autorizzazione speciale.
La verità che nessuno ti dice
Spesso, l’olanzapina viene prescritta non perché funziona meglio, ma perché è comoda. Riduce il caos in una RSA, fa dormire il paziente, evita litigi. Ma questo non è curare. È sedare. E in un anziano con demenza, sedare significa ridurre la qualità della vita, non migliorarla.
Un paziente che assume olanzapina non è più agitato. Ma è anche meno presente. Non riconosce più i familiari. Non sorride più. Non cammina più. È un prezzo troppo alto per un po’ di tranquillità.
La vera sfida non è trovare un farmaco migliore. È costruire sistemi di cura che non dipendano dai farmaci per gestire il disagio. Formare gli operatori. Creare ambienti sicuri. Ascoltare il paziente, anche quando non parla più.
L’olanzapina può causare la morte negli anziani?
Sì. Studi su decine di migliaia di pazienti hanno dimostrato che l’olanzapina aumenta del 30-35% il rischio di morte negli anziani con demenza. Le cause principali sono infarti, ictus e infezioni polmonari, spesso legate alla sonnolenza, alla ridotta mobilità e alla debolezza muscolare causate dal farmaco.
Quanto tempo si può prendere olanzapina negli anziani?
Non più di 12 settimane. Dopo questo periodo, i benefici diminuiscono e i rischi rimangono alti. Il farmaco va sempre sospeso gradualmente, anche se i sintomi sembrano migliorati. La sospensione brusca può causare ricadute o sintomi di astinenza come ansia, insonnia o tremori.
Esistono alternative più sicure all’olanzapina?
Sì. La melatonina per il sonno, la memantina per l’agitazione, e la citalopram per la depressione associata sono opzioni più sicure. Ma la migliore alternativa è la terapia comportamentale: routine, ambiente calmo, coinvolgimento familiare. Studi dimostrano che riduce i comportamenti problematici del 50% senza farmaci.
L’olanzapina fa ingrassare gli anziani?
Sì. In media, i pazienti over 65 prendono 2-4 kg in 3 mesi. Questo aumento di peso aumenta il rischio di diabete, ipertensione e malattie cardiache. È uno degli effetti collaterali più comuni e spesso trascurato. Il peso e la circonferenza vita devono essere controllati ogni 3 mesi.
Perché i medici continuano a prescriverla se è pericolosa?
Perché è comoda. In strutture sovraffollate o con personale poco formato, un farmaco che fa dormire il paziente sembra una soluzione rapida. Ma non è cura. È sedazione. Spesso, i medici non hanno il tempo o le risorse per provare interventi non farmacologici, anche se sono più efficaci a lungo termine.
giuseppe Berardinetti
novembre 1, 2025 AT 05:36Ma dai, chi se ne frega dei rischi? Se tuo nonno urla tutta la notte e non dormi neanche tu, l’olanzapina è l’unica cosa che ti fa tornare a respirare. Non è bello, ma è reale.
Adriano Piccioni
novembre 2, 2025 AT 02:00Io ho visto mia nonna passare da una bestia ruggente a un angelo addormentato con 2,5 mg di olanzapina... e sì, ha preso 3 kg e camminava come un papero, ma almeno non urlava più e ha potuto vedere la sua bisnipote nascere. Non è cura, ma è umanità. E poi, chi ha tempo per le terapie comportamentali quando i soldi per l’assistenza sono zero?
Andrea Radi
novembre 3, 2025 AT 16:38Questo articolo è un’apologia del caos. In Italia, dove ci sono 12 operatori per 150 anziani, la soluzione è facile: farmaci. Non è colpa dei medici, è colpa dello Stato che non finanzia le strutture. E poi, chi vi ha mai visto una RSA italiana? Non è un ospedale, è un campo profughi con le lenzuola stese ad asciugare. L’olanzapina è l’unico ‘disinfettante’ che funziona.
Patrick Klepek
novembre 5, 2025 AT 04:54Ah sì, quindi la soluzione è sedare gli anziani perché non abbiamo il coraggio di ascoltarli? Bellissimo. Siamo diventati una nazione che cura il silenzio, non la persona. E poi, che bello che sia ‘comodo’. Come se la vita di un nonno fosse un problema di logistica. #SedazioneElegante
Michele Lanzetta
novembre 6, 2025 AT 02:18La vera tragedia non è l’olanzapina. È che abbiamo trasformato la cura in un’operazione di controllo sociale. Quando un anziano smette di riconoscere i figli perché è troppo sedato, non è un successo terapeutico. È un fallimento culturale. Dobbiamo smettere di pensare che la pace sia assenza di rumore. La pace è presenza, anche quando è confusa.
Valentina Apostoli
novembre 6, 2025 AT 15:03Ma chi ha scritto questo articolo? Un filosofo che non ha mai visto un nonno in una RSA? Io lavoro in una casa di riposo e ti dico: se non metti l’olanzapina, alle 3 del mattino ti trovi con un vecchio che urla ‘Mamma!’ per due ore. E il personale? È stanco, pagato poco, e non ha un minuto per leggere le linee guida. La realtà non è un saggio medico.
Marco De Rossi
novembre 6, 2025 AT 19:44Ma voi italiani siete pazzi? In Germania gli antipsicotici li usano solo per i casi estremi, e hanno 3 infermieri per ogni 10 anziani. Qui invece? Si dà l’olanzapina come se fosse un’aspirina. E poi ci lamentiamo che i nostri nonni muoiono giovani. Ma chi è il colpevole? Il medico? No. Il sistema. E noi che lo tolleriamo.
Antonio Salvatore Contu
novembre 7, 2025 AT 15:15Studi? Linee guida? Ma chi le ha scritte? I farmacisti? I rappresentanti di casa Eli Lilly? L’olanzapina non è pericolosa, è la demenza che è un incubo. E se un farmaco riduce il caos, è un bene. Non è sedazione, è gestione. E se il paziente non sorride più? Meglio un angelo silenzioso che un diavolo urlante.
Pedro Domenico
novembre 7, 2025 AT 16:15Ascoltate, io ho visto la mia mamma passare da un uragano a un respiro tranquillo con l’olanzapina. Sì, ha preso peso, sì, era un po’ stordita, ma ha potuto abbracciare i suoi nipoti senza gridare. Non è la soluzione perfetta, ma è l’unica che ha funzionato quando tutti gli altri hanno fallito. Non giudicate chi lotta per la pace in casa. La vita non è un articolo di NEJM.
Alexandra D'Elia
novembre 8, 2025 AT 23:19Io ho lavorato in una RSA e ho visto infermieri piangere perché non potevano fare di più. Non è colpa loro se non c’è personale, non è colpa dei medici se non hanno tempo. L’olanzapina è l’ultima speranza di dignità per chi non ha voce. Non è una scelta facile, ma è una scelta umana. E non dobbiamo vergognarci di usarla quando serve.
Anna Stoefen
novembre 10, 2025 AT 20:07Io ho un nonno con demenza e ho provato tutto: melatonina, terapia, rumore bianco, luce naturale, massaggi... niente. L’olanzapina ha funzionato. Non è perfetta, ma ha dato a lui e a noi un po’ di pace. Non è un successo, ma è un respiro. E a volte, basta così.
Daniele Cornia
novembre 11, 2025 AT 17:05Il problema non è l’olanzapina. È che nessuno parla con gli anziani. Se ti siedi con lui, gli parli, gli mostri foto, lo ascolti... spesso l’agitazione svanisce. Ma non c’è tempo. E allora si dà la pillola. E la pillola diventa la soluzione. Non il problema.
Sable Martino
novembre 13, 2025 AT 07:37La pillola funziona. Punto.
Eleonora Dominijanni Violoncello
novembre 15, 2025 AT 06:24Io ho visto un nonno tornare a sorridere dopo 6 mesi di olanzapina. Non era più lui, ma era sereno. E quando lo hanno sospeso per ‘protocollo’, è tornato a urlare per 72 ore. La verità? Non è la pillola che uccide. È l’idea che la cura debba essere perfetta. Ma la vita no. La vita è brutta, sporca, e a volte bisogna accettare un compromesso. Per amore.